Per es. in Polemiche sulla libertà didattica (lettere da Quercianella), in "Educazione nazionale”, n. 3, novembre 1924, p. 3-15. Egli respinge che i programmi siano impositivi nei contenuti, negli orari, nei metodi. Replicando a Credaro e all'ex allievo Maresca, "argomenta che si tratta di una delimitazione negativa dell'ambito dell'insegnante e che come sempre la pedagogia neoidealista ha insegnato, è il maestro nella sua specifica situazione storica e locale ad essere il vero artefice dell'educazione. Ma - mi pare - la sostanza della questione è superata bruscamente (e con qualche avvertibile difficoltà?): “Lo stato non sdottoreggia come un pedagogista. Dice: oggi, questo mi occorre!”(p. 7).